sabato 28 agosto 2010

La Libertà di cambiare


Karl Marx, in uno dei suoi tanti aforismi, una volta disse che:
"La Storia si ripete sempre due volte: la prima volta come tragedia, la seconda come farsa."

Non c'è frase più adatta a descrivere il momento politico che sta vivendo il nostro paese.

A questo punto, chi legge si starà chiedendo a quale storia mi riferisco.

Sto parlando di una storia mai avvenuta.

Mi spiego meglio. La storia che a San Marino si sta ripetendo, come "Farsa" non è altro che una riproposizione con vent'anni di ritardo della fine della Prima Repubblica in Italia.
Non è storia di San Marino, ma è come se lo fosse.

La politica dei due paesi, è da sempre collegata a doppio filo. Basta osservare i mutamenti nel tempo dei vari partiti sulla rupe, sempre attenti a rimanere nella scia dei loro dirimpettai Italiani.

La differenza più evidente negli ultimi vent'anni, è che se in Italia, fra il "90 e il "93 osserviamo la fine di un sistema e l'inizio di uno nuovo, a San Marino no.
Sul Titano, le cose si rimpastano, cambia qualche nome, una virgola qua e là e stop. Niente di più. Non ce né bisogno.

Quello che però è sfuggito alla politica sammarinese, è che dalla storia non puoi scappare. Ti raggiunge.

Ed è esattamente quello che sta accadendo.

San Marino è scappata alla storia. L''ha rifiutata. Ha nascosto la testa sotto la sabbia, sperando di farla franca. Ma non è servito.

Come sempre, per comprendere quello che accade oggi sul Titano, dobbiamo ricordarci dei fatti che hanno portato i nostri cugini Italiani a cambiare così radicalmente il loro sistema politico.

L'Italia, all'inizio degli anni "90 è sull'orlo del collasso.

Si trova a dover affrontare una serie di cambiamenti socio-politici, che causano di fatto una svolta epocale nella sua storia politica.

Prima di questo periodo, nella penisola vigeva la legge della Democrazia Cristiana.
Con il suo 35-40% di voti e grazie alla sua collocazione di centro, ricopriva un ruolo insostituibile per la formazione delle maggioranze parlamentari, formando di volta in volta coalizioni diverse con i partiti minori, che si riflettevano similarmente sulla composizione dei governi.

Era però un sistema che non funzionava.

L'enorme potere politico della Dc, portò tantissimi enti amministrativi statali e locali ad avere una forte ingerenza nell'economia della penisola. Le partecipazioni pubbliche erano all'ordine del giorno e, contemporaneamente, il capitalismo italiano stentava a svilupparsi.

I gruppi di potere si restringevano sempre di più, erano sempre le stesse persone che comandavano, favorendo in questo modo corruzione e clientelismo.

Questa situazione, fu sfruttata da molti partiti per finanziarsi e da vari loro esponenti per arricchirsi. La spesa pubblica andò fuori controllo, e il debito pubblico volò oltre il 100% del PIL.

Fu l'inizio della fine del vecchio sistema.

I guai per la vecchia classe politica infatti, erano appena iniziati.
L'onda nata dalla crisi economica che stava travolgendo il paese, stava per avere nuove spinte. Anche a livello sociale. La fine dell'ideologia Comunista e il declino della subcultura cattolica, portarono la "vecchia" Dc a confrontarsi con un elettorato che non era più lo stesso.

A dare la spinta definitiva al cambiamento però, ci pensò la magistratura.

Il 17 Febbraio 1992, ebbe inizio l'inchiesta giudiziaria "Mani Pulite" sul sistema delle tangenti, che coinvolse molti esponenti di tutti i maggiori partiti.
L'enorme perdita di credibilità subita in particolare dalla forze dei partiti di maggioranza, portò queste a una crisi irreversibile, fino al sensazionale scioglimento della Dc e del Psi, rispettivamente il più importante e il più antico dei partiti italiani.

Nelle successive elezioni politiche del "92, la Dc ottenne il minimo storico dei suffragi, e il 18 aprile 1993, a seguito di un referendum con oltre 30 milioni di voti favorevoli, le Camere deliberarono il cosiddetto "Mattarellum", la nuova legge elettorale che introdusse il sistema maggioritario misto.

Queste innovazioni legislative, oltre alla gravità della crisi che stava distruggendo i partiti, il parlamento e il governo, spinse il Presidente della Repubblica (Oscar Luigi Scalfaro) a sciogliere le Camere e ad indire elezioni per il marzo 1994, sancendo di fatto la fine della Prima Repubblica e l'inizio di un nuovo corso.

Travolto da se stesso insomma, il sistema fu costretto a cambiare.

Nello stesso periodo, a San Marino le cose vanno in modo diverso.
Anche nell'antica terra della libertà a farla da padrone è il Partito Democristiano, che si impone con gli stessi metodi che abbiamo visto in Italia.
Allo stesso modo, i governi sono instabili e di coalizione, con la Dc sammarinese che, forte della sua fetta di voti, ha spesso e volentieri il coltello dalla parte del manico.

La storia però, non è la stessa.

L'onda che con tanto impeto travolse il sistema politico italiano, lasciò quasi indenne San Marino. Qua le cose non cambiarono.

Si rimase alla Prima Repubblica, forti di un'economia che invece di collassare prosperava (non certo grazie ad un aumento di produttività economica), e con la complicità di un sistema territoriale, che davanti alle stesse malefatte viste in Italia (clientelismo, corruzione e spesa pubblica senza limiti) non batté ciglio.

Il motivo di questo mancato cambiamento, con il senno di poi ha una spiegazione. Se in Italia, la popolazione si sentì presa in giro e truffata, al punto di arrivare a proteste anche plateali verso la dirigenza politica, a San Marino il sistema si insediò a tal punto, che i suoi difetti passarono in secondo piano.

L'alto tenore di vita garantito da una serie di privilegi locali ha avuto infatti, l'effetto di bloccare sul nascere qualsiasi recriminazione. Permettendo alla "prima repubblica" sammarinese, di continuare indisturbata ad amministrare un potere sempre più grande.

Torniamo ora ai giorni nostri, perché come già detto, alla fine il conto si paga.

San Marino, ha percorso una strada senza uscita. Oggi, nel pieno di una crisi economica senza precedenti, scopriamo (ma quanti non lo sospettavano?) come politica e finanza abbiano negli anni sviluppato intrecci illeciti, anche a costo di venire a patti con individui vicini alla criminalità organizzata.

Si è toccato il fondo.

Pensare di cambiare con proclami o con lodevoli iniziative di singole persone è irrealistico. Oggi piuttosto, a distanza di vent'anni, ci sono gli elementi per vedere sul Titano la stessa onda, che a suo tempo travolse in Italia un sistema politico-economico vecchio e corrotto.

Un'onda che deve saper modernizzare prima di tutto il sistema normativo sammarinese.

Sono troppe infatti, le disfunzioni di un paese che ha perso il significato di concetti come la giustizia, lo sviluppo economico territoriale e la politica internazionale.

Lo stesso sistema elettorale, in questi anni ha mostrato tutta la sua inadeguatezza, portando ad un esagerato numero di partiti politici in uno stato di soli 32mila abitanti.

Per non parlare del sistema giudiziario, troppo spesso disarmato davanti ad illeciti amministrativi e finanziari.

"Perché una società vada bene, si muova nel progresso, nell'esaltazione dei valori della famiglia, dello spirito, del bene, dell'amicizia, perché prosperi senza contrasti tra i vari consociati, per avviarsi serena nel cammino verso un domani migliore, basta che ognuno faccia il suo dovere."
-Giovanni Falcone

E' arrivato il momento di farlo.

SM

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giovedì 12 agosto 2010

San Marino. Pirati, Faccendieri e loro Amici


Quando nel mio ultimo articolo parlai delle amicizie che a San Marino avevano presumibilmente appoggiato ed aiutato Flavio Carboni nei suoi traffici sul Titano, di certo non mi sarei aspettato una evoluzione dei fatti così rapida.

In queste ultime settimane infatti, intercettazioni, indagini ed inchieste hanno finito per intrecciarsi quasi a voler completare un disegno criminogeno degno di un romanzo troppo banale.

Ecco che ad un tratto le nebbie iniziano a diradarsi.

Flavio Carboni,viene pizzicato al telefono con Cristiano Ragni, uomo del PDL a Forlì. Dice di aver appena parlato con Dell'Utri, ed ora ha da comunicare dei "grossi movimenti" che lo riguardano.

Carboni ha fretta. Vuole accelerare le operazioni e lo incalza:

"Ricordi l'appuntamento che hai fissato a San Marino per Marcello? La persona in questione è Gatti?"

Il Ragni risponde con tutto il suo Savoir-Faire.

"Gatti? No! Gatti è un figlio di m....... di prima categoria! Uno che non guarda in faccia a nessuno"

Carboni, evidentemente scandalizzato, riesce a non perdere la calma e tranquillizza l'amico:

"Lascia perdere queste cose... ma ora è lui quello che conta di più?"

Il Ragni, ora evidentemente più disteso risponde:

"Si è lui quello che conta di più, ma è uno di cui non ci si può fidare. Guarda, ti faccio incontrare il Capitano Reggente. E' una sorta di presidente della Repubblica..."

Carboni però ha già deciso. Vuole parlare con Gatti.

"...Gli devo parlare...poi ti spiegherò il perché. E' arrivato il momento di agire..."

Per la cronaca, Gabriele Gatti è un politico "storico" della Repubblica sammarinese. Membro del consiglio grande e generale dal lontano 1978, all'epoca dell'intercettazione è Segretario alle finanze di stato. Come dice il Ragni, "è lui quello che conta".

Non è un'affermazione da prendere alla leggera. Dobbiamo leggere il significato di quello che ci dicono queste intercettazioni. Perché Carboni sarà anche un delinquente, ma sicuramente non è uno sprovveduto. Sa come funzionano questo tipo di cose, e non gli interessano gli altri esponenti del governo.

Carboni vuole parlare con Gabriele Gatti.

La sensazione che si prova ascoltando questa conversazione, è che Carboni sappia di cosa stia parlando. Ovvero che a San Marino, quelli "che contano" non sono necessariamente gli attuali esponenti di governo o i capitani reggenti.

Carboni punta dritto e senza esitazioni, al quel sottobosco politico tanto diffuso sul Titano. Sicuro di fare centro. Come se a prescindere da partiti, governo o reggenti, chi comanda fosse dietro le quinte, al riparo dalla piazza.

Non scordiamoci di questa conversazione, perché ci racconta molto del male del nostro paese.

A questo punto ce ne sarebbe già abbastanza per capire che di amici sul Titano il "Faccendiere dei Misteri" ne aveva più di uno. Ma non è finita qua.

Passa qualche giorno, ed ecco che spunta un altro amico "illustre". Uno che negli ultimi tempi ha passato più tempo sui giornali che per strada.

Più precisamente, non si sa proprio che fine abbia fatto. Non sappiamo se sia vivo e vegeto al mare, magari in qualche isola dei Caraibi a sorseggiare Mojito, oppure da qualche altra parate, magari non proprio in salute.

Sto parlando del "Pirata" Giulio Lolli. Proprietario della Rimini Yacht e protagonista recentemente di una delle più grandi truffe sull'asse San Marino - Italia mai realizzate.

E dire che La Rimini Yacht negli anni d'oro andava forte. Forse proprio perché Lolli, è uno capace. Bravo a vendere.

Talmente bravo, che - ad esempio - lo stesso Yacht da 6 milioni di euro lo piazza ben tre volte, a soggetti diversi, mettendo nel salvadanaio 18 milioni.
Uno che ci sa fare, insomma.

Flavio Carboni e Giulio Lolli, guarda caso si conoscono per motivi di lavoro. Secondo le intercettazioni, Carboni avrebbe fatto da intermediario fra Lolli e il presidente di una banca (sembra si tratti di Giovanni Antonini, presidente della Banca di Spoleto).

Quando poi si tratta di ripagare il favore, Lolli non vuol passare da tirchio, e dona al Carboni un motoscafo Bertram da due milioni di euro ed una fiammante Aston Martin. Tutte cose ovviamente pagate tramite agenzie di leasing (truffate a loro volta) di San Marino.

Purtroppo la storia della"Rimini Yacht" non ha niente da invidiare alle altre vicende in cui è invischiato Flavio Carboni e come altre, è macchiata di sangue.

E' quello dell'ex Generale della Guardia di Finanza Angelo Cardile, accusato di aver "ammorbidito" le verifiche fiscali sulla Rimini Yacht.

La mattina del primo Luglio, i suoi ex colleghi della Guardia di Finanza bussano alla sua porta per una perquisizione. Il Cardile li lascia entrare chiedendo di potersi vestire. Ma una volta entrato nella sua camera, non si limita ad indossare i suoi abiti, ma impugna la pistola di ordinanza e si suicida con un colpo alla tempia.

I motivi del gesto non si sapranno mai con certezza, anche se possiamo indovinarli. Quello che è certo, è che la vicenda si fa sempre più oscura, e continua ad espandersi a macchia d'olio.

Perché il caso Rimini Yacht si porta dietro anche un importante istituto bancario. Anch'esso collegato a doppio filo alla Repubblica di San Marino e a Flavio Carboni. Stiamo parlando del Credito di Romagna di Giovanni Mercadini.

Siamo a Maggio. Il Credito di Romagna è da tempo sotto la lente di ingrandimento della Banca d'Italia a causa di sospetti di "anomalie".

In particolare, nel mirino ci sono "mancate segnalazioni in materia di riciclaggio" e un rapporto tutt'altro che chiaro con una banca di San Marino.

Secondo l'indagine infatti, dietro la Banca Romagnola si celerebbe l'Istituto Bancario Sammarinese, che agendo dietro le quinte avrebbe eluso la normativa che vieta ad una banca extracomunitaria di operare in Italia.

Il collegamento è facile. L'assetto proprietario del Credito di Romagna è molto chiaro. Le prime cinque famiglie azioniste, detentrici del 60 per cento delle quote, possiedono anche la quasi totalità di quote dell'istituto di San Marino (l'IBS).
Scrivono gli ispettori: "La contiguità fra le due banche è confermata anche dai numerosi legami, di natura operativa e finanziaria, mantenuti tra di esse".

Le due banche insomma, appartenevano alle stesse persone, e di conseguenza facevano i loro interessi. In barba ad ogni legge. La procura di Forlì, scriverà: "Il personale che predisponeva le pratiche e le istruttorie dei finanziamenti e gli esponenti aziendali del Credito di Romagna, coordinavano le rispettive azioni ed iniziative secondo la logica di una perfetta sinergia operativa, espressa secondo criterio di vicendevole, mutuo e (tra esse) assolutamente non competitivo sostegno alla rispettiva attività di finanziamento nel territorio italiano". Insomma, facevano i loro comodi.

Ed è proprio su argomenti così "fertili" che rispuntano i nostri due eroi. "Il faccendiere" Flavio Carboni e "il Pirata" Giulio Lolli.

Il faccendiere dei misteri c'è dentro fino al collo. Questa volta per colpa della sua passione per le fonti di energia alternativa. Il lungimirante Carboni, in collaborazione con Alessandro Fornari (Consigliere di amministrazione del Credito di Romagna) e Fabio Porcellini (suo suocero) avrebbe fatto partire dalla banca forlivese finanziamenti per 4 milioni di euro per il famoso affare dell'Eolico in Sardegna.

Giulio Lolli non vuol essere da meno. Anche Rimini Yacht è dentro al Credito di Romagna, ovviamente anche in questo caso la società è trattata con un "occhio di riguardo", e nel 2007 arriva a fatturare 32 milioni di euro, con un utile netto di 882 mila euro. Niente male.

Le indagini vanno avanti, noi aspettiamo chiarezza.

Quello che però questa vicenda deve farci comprendere, è il livello raggiunto dal nostro sistema politico. Un punto così basso da diventare impossibile da immaginare dall'esterno.

Chiudo con la solita citazione.

"Occorre liberarsi dalle scorie del passato che turbinano nella memoria come insetti rapaci: sono solo vecchie idee di cui non abbiamo più bisogno"
- Proverbio Indiano


SM

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